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25 Febbraio 2020

Centri per persone con disabilitą e coronavirus, le disposizioni di Regione

I Centri diurni disabili restano aperti su tutto il territorio regionale. Spetta ai Comuni decidere la chiusura di SFA e CSE. LEDHA auspica coordinamento degli enti locali con associazioni ed enti gestori

Anche i luoghi di vita quotidiana delle persone con disabilità sono interessati dalle misure di contenimento del Coronavirus. Regione Lombardia ha pubblicato una nota ("Chiarimenti relativi all'applicazione dell'ordinanza del Ministero della Salute, di intesa con il presidente di Regione Lombardia del 23 febbraio 2020" - in allegato) in cui si puntualizza che le case di riposo/RSA restano aperte a visite di parenti, ma l'accesso alla struttura è limitato a un solo visitatore per persona ricoverata. La nota inoltre precisa che solo Regione Lombardia ha l'autorità per chiudere le strutture sociosanitarie territoriali: i Centri diurni disabili (CDD) sono quindi aperti. Mentre le decisioni in merito a SFA e CSE dipendono dai singoli Comuni.

"LEDHA-Lega per i diritti delle persone con disabilità auspica che i Comuni comunichino il prima possibile le proprie decisioni in merito. Cercando di coordinarsi a livello di ambito, sentite le associazioni e gli enti gestori locali".

La comunicazione della Presidenza del consiglio dei ministri

Ieri l'Ufficio per le politiche in favore delle persone con disabilità della Presidenza del Consiglio ha recapitato al Capo Dipartimento per la Protezione civile e all'Ufficio di Gabinetto del ministero della Salute, una comunicazione che di fatto estende a centri diurni e servizi per le disabilità le misure precauzionali previste per attività pubbliche e private nelle cosiddette regioni focolaio. Riportiamo di seguito il testo integrale della comunicazione

Tenuto conto che le persone con disabilità sono anche quelle più a rischio durante situazioni di emergenza, qual è quella presente, l’Ufficio per le politiche in favore delle persone con disabilità, anche dietro segnalazioni pervenute dalle associazioni maggiormente rappresentative delle persone con disabilità, ritiene opportuno che dei punti di seguito esposti sia tenuto conto in sede di diffusione di direttive alle Regioni e alle articolazioni del Sistema Nazionale di Protezione Civile per le aree di focolaio di COVID-19:

  1. Il DPCM 23 febbraio 2020 all’art. 1, comma 1, prevede la sospensione di attività pubbliche e private, con l’eccezione dei servizi essenziali e di pubblica utilità, secondo le modalità e i limiti indicati con provvedimento del Prefetto territorialmente competente. Potrebbero rientrare, tra i servizi essenziali, i cosiddetti Centri diurni per disabili, i quali però a causa della natura delle prestazioni erogate sono caratterizzati da un alto tasso di frequentazione (operatori, familiari e soggetti terzi). Le persone con disabilità, specie intellettive e del neurosviluppo, non sempre sono in grado di assumere comportamenti consapevoli ed idonei ad evitare o ridurre i rischi di contagio. Trattandosi, inoltre, di persone con particolari patologie, correlate alla loro disabilità, rappresentano una popolazione maggiormente esposta al contagio. Ciò premesso, è quindi da valutare se comprendere i Centri diurni nelle aree di focolaio tra le attività soggette a sospensione. Contemporaneamente però si renderebbe necessaria un’azione compensativa di supporto domiciliare per gli utenti dei Centri e i loro familiari, in modo da non far venire meno i servizi di assistenza essenziali.

  2. Lo stato di emergenza comporta l’adozione di misure straordinarie, di “quarantena”, che potrebbero indebolire la rete di assistenza, supporto e protezione destinata alle persone con gravissime disabilità o con forme di non autosufficienza che vivono al proprio domicilio. Fra questi rientrano spesso soggetti con genitori molto anziani, o che vivono in assenza di una adeguata rete di protezione familiare. Tali soggetti, in caso di quarantena, potrebbero avere maggiori difficoltà ad autogestirsi e a seguire le istruzioni delle Autorità. Sarebbe quindi opportuno, nei limiti che la situazione di emergenza consente, assicurare il maggior possibile coordinamento fra le strutture del Sistema Nazionale di Protezione Civile su base locale, le Asl, le strutture di assistenza e le associazioni su base locale, al fine di garantire il censimento, il monitoraggio e il supporto per tali casistiche.

  3. Riteniamo necessaria l’attivazione di canali di comunicazione e di assistenza al cittadino che consentano il superamento delle barriere alla comunicazione. In particolare: i numeri verdi telefonici che sono stati istituiti a livello centrale e regionale non possono essere utilizzati da persone sorde o con ipoacusia. Pertanto andrebbe affiancata una modalità di comunicazione via email per questa categoria di persone. Inoltre andrebbero previste traduzioni delle principali comunicazioni di emergenza in Lingua dei Segni Italiana per consentire l’accesso alle informazioni utili anche ai sordi segnanti 

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