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21 Febbraio 2020

L'espulsione di uno studente con disabilitā č discriminazione

La sentenza del tribunale di Milano che ha accolto il ricorso presentato dalla famiglia del ragazzo con il supporto di LEDHA. La scuola condannata a risarcire il danno

L'espulsione da scuola di uno studente con disabilità per problemi comportamentali correlati alla sua condizione è un comportamento discriminatorio. Lo ha stabilito la prima sezione civile del Tribunale di Milano accogliendo il ricorso presentato dalla famiglia di Andrea (nome di fantasia, ndr) con il supporto del Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi di LEDHA-Lega per i diritti delle persone con disabilità.

Il giudice ha riconosciuto il trattamento discriminatorio subito da Andrea, ovvero la violazione dei diritti umani da parte della scuola che è stata condannata al pagamento delle spese legali e a risarcire il danno patrimoniale.

La vicenda

La vicenda risale all'anno scolastico 2018/2019, quando Andrea frequentava il secondo anno del corso "Operatore della ristorazione-Preparazione pasti" presso un Centro di formazione professionale di Milano. Andrea ha una grave disabilità e per questo motivo necessita di sostegno alla didattica e di assistenza educativa per la comunicazione e le relazioni sociali a scuola. Fin dall'inizio dell'anno scolastico alla famiglia del ragazzo era stata proposta una riduzione delle ore di frequenza giornaliera da sei a quattro, che era stata accettata. Successivamente, in maniera arbitraria, l'istituto aveva comunicato via e-mail alla famiglia che l'orario scolastico di Andrea veniva ridotto a sole tre ore al giorno. Una scelta dettata, secondo l'Istituto, dalle difficoltà d concentrazione del ragazzo.

Inoltre, ad anno scolastico ampiamente iniziato, l'istituto aveva ritardato la convocazione del Gruppo Lavoro Handicap Operativo (GLHO) per l’anno scolastico 2018/2019 e omesso di redigere il Piano educativo individualizzato. Inoltre, nei primi mesi di scuola, Andrea ha subito diverse sanzioni disciplinari. A dicembre 2018, dopo solo pochi mesi di lezione, l'istituto aveva comminato la sospensione disciplinare di Andrea e l'8 gennaio 2019 al rientro dalle vacanze di Natale, il preside aveva proceduto all'espulsione immediata del ragazzo comunicandogli che non era idoneo per il percorso di studi. L'espulsione -secondo quanto riferito dall'Istituto- rientrava nell’ordinario e doveroso uso del potere disciplinare ed era stata adottata in conseguenza dei quotidiani comportamenti provocatori, scurrili e pericolosi di Andrea, che mettevano in pericolo l’incolumità degli altri studenti e del corpo docente.

Di fronte a questa situazione i legali del Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi di LEDHA hanno supportato la famiglia di Andrea prima nel tentativo di far ri-ammettere il ragazzo a scuola e successivamente nel presentare ricorso contro l'Istituto con il supporto dell'avvocato Barbara Legnani. Il giudice ha individuato come discriminatorie tutte le pratiche contestate dalla famiglia e dai legali: la riduzione delle ore di frequenza, la mancata convocazione del GLHO, mancata adozione del PEI e l'espulsione dalla scuola.

La sentenza

Nel dispositivo della sentenza, il giudice sottolinea come solo all'atto della costituzione in giudizio, l'istituto ha fornito un PEI, peraltro privo di data e solo parzialmente completo. Per questo motivo l'Istituto "ha disatteso gli obblighi imposti dalla legge 104/92". La mancata predisposizione del PEI, quindi, non ha permesso di predisporre gli strumenti idonei (sostegno, adattamento del programma di studio) per consentire ad Andrea l'integrazione scolastica in condizioni di parità con gli altri studenti normodotati. "In tale omissione si identifica la condotta discriminatoria posta in essere dall'Istituto che ha di fatto pregiudicato la possibilità di integrazione scolastica di Andrea", scrive il giudice.

Inoltre, il giudice evidenzia come "l’incapacità della scuola di contenere e affrontare i comportamenti aggressivi ed intemperanti del minore -direttamente ascrivibili alla disabilità da cui è affetto- non può che essere posta in nesso con l’omessa predisposizione da parte dell'Istituto delle misure necessarie ad assicurare un programma educativo plasmato sulle personali esigenze dell’alunno". In altre parole: la scuola ha insistito sulla condotta provocatoria, scurrile e violenta di Andrea come se si trattasse di un qualsiasi ragazzo indisciplinato. "Ma la mancata convocazione del GLHO e la mancata adozione del PEI non consente di ritenere legittima alcuna delle successive condotte dell'Istituto in campo sia didattico (riduzione del tempo a scuola), che disciplinare (sospensione ed espulsione)", si legge nel dispositivo della sentenza.

"I diritti sono sanciti dalla legge, quando si intraprendono percorsi corretti si può intervenire"

“Siamo molti soddisfatti perché il Tribunale di Milano ha riconosciuto come discriminatorie tutte le condotte contestate dai genitori al Centro di formazione professionale -commenta l’avvocato Gaetano De Luca-. La scuola ha sempre sostenuto che la riduzione dell’orario scolastico fosse stata concordata con gli stessi genitori, circostanza poi rivelatasi non vera. Purtroppo, si tratta di situazioni sempre più frequenti, in cui i genitori ricevono forti pressioni per fornire il loro consenso alla riduzione dell’orario scolastico. Speriamo che questa importante pronuncia possa far crescere la consapevolezza dei genitori sui diritti dei propri figli ad essere adeguatamente inclusi in tutte le scuole e corsi di formazione professionale attraverso la corretta attivazione degli specifici strumenti di supporto previsti dalla normativa”.

“I diritti delle persone con disabilità, in particolare quelli relativi all’inclusione scolastica, sono affermati con chiarezza dalla legge. Quando questi diritti vengono violati, tuttavia, le famiglie sono spesso titubanti di fronte alla possibilità di ricorrere alle vie legali per vedere riconosciuti i diritti dei loro figli -commenta Alessandro Manfredi, presidente LEDHA-. Questa sentenza dimostra, ancora una volta, che quando si intraprendono percorsi corretti c’è la possibilità di intervenire e ottenere il rispetto dei diritti fondamentali. Auspichiamo che anche altre famiglie che si trovano in situazioni simili acquisiscano la stessa consapevolezza”.

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