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20 Dicembre 2005

COMUNICARE

di Alessandra Stella Tartarelli

La scuola offre esperienze uniche ai bambini che la frequentano, uniche nel senso che l'esperienza di andare in un luogo istituzionale dove tutti i bambini diventano alunni e sono inseriti in un vero e proprio sistema di azioni, di relazioni, riti, obiettivi....
Gli alunni sono soggetti sociali, con doveri e diritti, fanno parte di un gruppo, si relazionano con ruoli diversi, entrano in un sistema di valori ed in una cultura diversi da quella della famiglia.
L'esperienza quindi si configura come unica, insostituibile, senza alternative.
Il valore dell'esperienza è per tutti i soggetti coinvolti: i docenti si sperimentano in una relazione di apprendimento che esige consapevolezza delle emozioni e creatività nella ricerca di soluzioni, il gruppo classe si confronta non con una cultura astratta in un luogo protetto, ma con vissuti che hanno alla base la realtà della vita.La scuola pubblica, con tutti i suoi limiti, con il bisogno di modifiche organizzative pedagogiche e strategiche che sta affrontando, proprio per questo suo essere realtà dentro alla realtà piena di contraddizioni, è spazio tempo attraversato da tutti i bambini e garantisce a tutti nel processo di crescita collettivo, di esistere.
E questo avviene a condizione che tutti partecipino all'evento.Un alunno disabile richiede modifiche, accorgimenti, soluzioni a problemi, quindi richiede alla scuola di essere flessibile ma non di perdere il proprio potenziale.
Questa caratteristica, la flessibilità è necessaria all'istituzione per diventare più capace di erogare un servizio di qualità ed è una competenza indispensabile a tutte le organizzazioni per non cadere in un'entropia che porterebbe all'isolamento del sistema ed alla sua autorefenziarilità.
Inserire un bambino disabile quindi richiede alla scuola la capacità di essere una istituzione tesa al proprio continuo cambiamento in funzione delle sollecitazioni del mondo esterno.
Sappiamo che questo non è poco.
Sappiamo che questo è, non solo possibile, ma anche utile alle scuole ed agli operatori.
Non solo agli alunni disabili.
Un pensiero che hanno i genitori, ad esempio è quello di trovare la "scuola giusta" per il proprio figlio. Essi desiderano una risorsa che risponda a tutta una serie di bisogni che faccia da contenitore a tutta una serie di paure.
Ma la risorsa non è mai perfettamente sbagliata e non deve esserlo.
Per nessuno.
Un minimo adattamento alle richieste dell'ambiente fa crescere e fa parte dell'apprendere dalla realtà.
A sua volta l'ambiente però deve trovare una sua potenziale capacità di adattamento e flessibilità ai bisogni del singolo. Un nostro elemento di valutazione è proprio centrato sulla presenza di questo potenziale.
La capacità di adattamento e di un ambiente non è di facile valutazione.
Parlando di potenziale, teniamo presenti alcuni aspetti: le risorse umane, la storia dell'ambiente, il tipo di scelta dell'istituzione, l'esperienza acquisita attraverso la gestione delle proprie attività formative.
Sottolineiamo che non si tratta di indicatori presi in sè. In questo caso il potenziale è il risultato dei legami e delle dinamiche tra tutti gli aspetti individuati.
Tratto da FASCICOLO ORIENTATIVO - procedure e strumenti- Servizio Scuola A.I.A.S Milano -
Da questo punto di vista nascono le nostre osservazioni sulla scuola come luogo insostituibile di esperienze tra cui quella comunicativa.
Pensiamo...
Il tempo
C'è un tempo per iniziare e poi ci sono le attività che iniziano e finiscono che vengono riprese e poi si fa l'intervallo, e poi si va ai servizi, e poi si mangia, e poi si fanno attività diverse, e poi... e poi ... poi ci sono i compiti e le interrogazioni... e poi...
La struttura dei tempi è realizzata attraverso rituali precisi, con segnali comunicativi diversificati e ripetitivi.
Il tempo e lo spazio acquistano un significato per tutto il gruppo.
Chi è nel gruppo fa parte di un sistema di regole.
Le regole
Esplicite ed implicite che definiscono lo stare in un ambito sociale. Non più solo la famiglia.
Regole buone e cattive.
Regole facili e difficili.
Regole che ti richiedono comportamenti, fatiche relazioni.
La struttura delle regole riguarda anche gli adulti docenti e genitori È l'impatto per comprendere come va il mondo.
Allora se si sta assenti bisogna portare la giustificazione.
Se si dicono parolacce o si hanno comportamenti aggressivi vi sono reazioni anche sul piano relazionale.
L'insegnante si arrabbia: si prendono note sul diario perchè i genitori sappiano...
I compagni
La classe non è altro che un gruppo assistito da alcuni adulti.
Ognuno ha un suo carattere, gli piacciono cose diverse, c'è chi è bravo, chi è gentile, chi è prepotente.
Si fanno scelte.
Nascono amicizie, si cambiano amicizie.
Gli spazi
Luoghi diversi dove si fanno attività diverse
Si incontrano persone diverse
Si richiede un comportamento diverso
Si sperimentano emozioni diverse
Se la vita scolastica può essere una fonte ricchissima di comunicazioni proprio per le sue caratteristiche, è importante che la flessibilitè non crei confusione di messaggi, riducendo lo spessore dell'esperienza.
Per un bambino instabile la scuola offre una struttura di rituali, abitudini, regole, ritmi sequenze, ruoli, ben definiti ripetuti, ripetuti di giorno in giorno, consolidati. E per lui questo è importante e positivo.
Il rischio è di non riconoscere queste potenzialità dell'istituzione modulando le richieste sugli apparenti bisogni del bambino ed eliminando le regole, evitando di coinvolgerlo in alcune richieste ecc.
Quando un bambino ha una identità fragile e utile per lui riconoscersi come soggetto all'interno di un gruppo, vedere che i propri prodotti, insieme a quelli degli altri ricevono una valutazione, vengono esaminati, sono fonte di interesse per l'adulto o per altri gruppi. Spesso questo comporta anche che l'alunno esprima propri personali giudizi, ascolti quelli degli altri. Si vive cioè una interazione che gli comunica che lui esiste, che conta, che fa parte di un gruppo.
Il rischio è che si pensi di non dover valutare un bambino con problemi, di limitare la sua capacità di autonomia di produrre, perché si è preoccupati dell'aspetto formale e si pensa di facilitarlo aiutandolo perché sia come gli altri.
Il bambino che a causa della sua disabilità ha scarsa stima di sé, in un lavoro di gruppo, in un progetto che prevede prodotti collettivi o assemblati, riceve la comunicazione che ha qualcosa da dare, che è capace di competere e collaborare, che per lui c'è uno spazio nel quale è necessario.
L'effetto di questa comunicazione è una rivalutazione: anche se c'è stata fatica, emozione, rischio, il risultato che si ottiene da senso al prezzo pagato.
Il rischio e di porre troppa attenzione alle richieste di aiuto, di anticipare i suoi bisogni, di sostenerlo nei suoi aspetti di fragilità (non competenza) e quindi di confermarli.
La scuola è il luogo del desiderio della comunicazione: si ispira a leggere e scrivere, a inviare messaggi, a fare domande, a ricevere domande, ad ascoltare.
Un alunno disabile quasi sempre ha scarsa motivazione a migliorare la sua comunicazione, poiché comunque le persone che lo circondano lo capiscano. Scarsi stimoli e poche situazioni emotive nelle quali esprimersi. La scuola richiede lo sforzo del confronto, le domande e le risposte, spinge a uscire dalla convenzione del lessico famigliare.
Ogni componente della famiglia è estremamente competente nella produzione comprensione all'interno di un vero e proprio lessico privato.
Questo diminuisce lo stimolo a trovare parole per esprimere pensieri e bisogni.
Questa "pigrizia" caratterizza i bambini e le famiglie.
I livelli di comunicazione nella scuola sono molteplici.
Gli alunni sono messi nella condizione, "sono costretti", a partecipare a questo grande rito comunicativo del quale debbono anche scoprire ed imparare le regole.
Questa è una esperienza indispensabile per tutti, rappresenta una sorta di rito di iniziazione per l'ingresso nel sociale.
Per un bambino disabile, molto competente nell'ambito della famiglia e (degli altri ambiti che fanno parte della sua realtà come quello terapeutico) la necessità di superare quella pigrizia a cui prima si faceva riferimento, della scuola pubblica un ambiente insostituibile.
Un esempio
Un insegnante, per una bimba con un linguaggio poverissimo, con una famiglia priva del bisogno di comunicare, specializzata nella comprensione dei bisogni reciproci attraverso degli abbozzi di segnali non verbali, aveva introdotti momenti di lavoro dove si discutevano vari fatti, ed aveva fatto in modo che la bimba avesse un suo spazio tempo dove esprimersi.
Il gruppo rispettava i suoi ritmi e la regola, per tutti era che se non capiva bene si dovevano chiedere maggiori dettagli.
Nel giro di qualche mese la piccola si destreggiava magnificamente nella situazione e non insisteva Più in comportamenti poco comunicativi pretendendo che la fatica di capire la facessero solo gli altri.
La fatica di farsi capire era per lei un motivo di soddisfazione.
Solo in un gruppo di "bambini" normali si poteva ottenere questo risultato.
A loro volta i bambini normali solo perché aveva questa compagna avevano avuto l'opportunità di Fare apprendimenti che sono facilmente intuibili dalla situazione proposta. (formulare una domanda adeguata ad un contesto, ascoltare per dare feedback, tenere i tempi della discussione, trovare parole per farsi capire...)
La scuola è il luogo delle molte relazioni affettive e sociali. Relazioni differenziate anche per la possibilità di fare scelte e privilegiare rapporti in base a criteri soggettivi.
Si decide chi amare e da chi essere amati, con chi fare alcune cose chi evitare, ecc.ecc.
Le relazioni quindi sono anche il risultato dei propri comportamenti, investimenti, strategie, ecc ecc il gruppo dei pari infatti da' rimandi realistici che restituiscono al bambino ad H la sua immagine.
Questa comunicazione lo sollecita a decidere se e come investire nella relazione, a liberarsi dal vissuto anche inconscio. Che tutto è giustificato e giustificabile con la sua disabilità.
Il bambino disabile che frequenta una scuola normale entra forzatamente nel gioco delle relazioni.

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