Sono passati due anni dalla morte di Franco Bomprezzi, giornalista e presidente di LEDHA - Lega per i diritti delle persone con disabilitą. L'ereditą che ci ha lasciato coinvolge il mondo del giornalismo ma non solo.
Due anni esatti sono “volati” da quando Franco Bomprezzi, presidente di LEDHA – Lega per i diritti delle persone con disabilità e direttore responsabile di “Superando.it”, ci ha lasciato. Creando un grande vuoto per il giornalismo “vero” e per il mondo di tutte le disabilità. Per dare un’idea a chi non abbia avuto la fortuna di conoscerlo, di una delle tante eredità che ci ha lasciato Franco, abbiamo scelto un suo testo scritto nella primavera del 2014 e da noi pubblicato con il titolo "Quel vecchio decalogo della buona informazione". L’assoluta attualità dei contenuti parla da sé.
Stefano Borgato
Con un sobbalzo di sorpresa ho scoperto che in un bel gruppo di Facebook, nato attorno al desiderio di diffondere i princìpi della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, è stato pubblicato un mio ormai antico scritto, visto che risale a più di quindici anni fa, un presuntuoso Decalogo della buona informazione che, in verità avevo scritto ad uso di un dossier realizzato a suo tempo dal Segretariato Sociale della RAI, quando si cercava, ante litteram, di promuovere un approccio corretto alla comunicazione radiotelevisiva e giornalistica sulla disabilità.
A tanti anni di distanza, la mia sorpresa di smemorato (avevo quasi rimosso questo lavoro non semplice) si è unita alla constatazione che i dieci punti da me elencati potrebbero – o almeno mi pare – essere stati scritti adesso, tanto la loro corretta applicazione appare ancora lontana da un esito condiviso e diffuso tra i colleghi e nei programmi.
Ecco perché adesso lo riprendo, affidando ogni riflessione ai lettori.
Decalogo della buona informazione sulla disabilità:
Correva l’anno 1998 e la Convenzione ONU era ancora lontana dal vedere la luce. A ispirarmi, in parte, fu la Carta di Treviso, uno dei documenti più lungimiranti prodotti dall’Ordine dei Giornalisti a tutela dell’informazione sui minori.
In realtà, in quelle dieci avvertenze per l’uso, c’era tutto il mio imbarazzo di giornalista – allora – nel constatare quotidianamente il modo superficiale e sciatto (privo di professionalità) da parte di molti colleghi anche autorevoli, che sulle testate di appartenenza – giornalistiche o radiotelevisive -, ritenevano di poter scrivere sulla disabilità senza il bisogno di saperne di più, di attingere a fonti autorevoli e verificate, di rispettare la dignità delle persone.
Molta acqua è passata sotto i ponti, e il nostro mestiere, oggi, è sottoposto ancor più di prima al logorio della fretta e della concorrenza al ribasso. Il “copia e incolla” del web comporta inoltre un ulteriore impoverimento delle fonti e della qualità della scrittura e dell’approccio. I programmi televisivi, come documentiamo spesso, alternano fiammate di lucidità e di grande qualità a cadute rovinose nello stereotipo e nel pregiudizio.
Ecco perché oggi mi sono sommessamente permesso di riproporre questo decalogo, non per apparire un “vecchio barbagianni”, ma semplicemente un giornalista che non è mai contento del lavoro svolto e che cerca sempre di imparare, di apprendere, di ascoltare, prima di scrivere.
Franco Bomprezzi
9 aprile 2014.