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24 Giugno 2014

Dalle fabbriche alla Grande Guerra, uno sguardo sulla disabilità

Come è cambiata la percezione della disabilità tra fine Ottocento e i primi del Novecento? Lo storico Matteo Schianchi anticipa alcuni contenuti del convegno "Dal miserabile accattone al glorioso invalido di guerra".

Nella Milano di fine Ottocento che si affaccia alla rivoluzione industriale e che comincia a far fronte ad alcune importanti questioni sociali, come era vissuta la presenza di "storpi" e "inabili"? Persone che, in molti casi, dovevano la propria condizione al sistema di fabbrica e agli infortuni sul lavoro venivano percepiti come un peso, come accattoni, tutt'al più oggetto di caritatevoli attenzioni. La Prima Guerra mondiale, che "produce" migliaia di mutilati e invalidi, rappresenta un punto di svolta: a partire da questo tragico evento si modificano la percezione e il trattamento di quelle che chiamiamo oggi persone con disabilità. E Milano, con la sua storia e i suoi istituti di beneficienza, rappresenta un osservatorio privilegiato per gettare una luce nuova sulle evoluzioni che hanno caratterizzato gli approcci alla disabilità.

Saranno questi alcuni dei temi al centro del convegno "Dal miserabile accattone al glorioso invalido di guerra" organizzato da Ledha Milano e Fondazione Cariplo che si svolgerà presso l'Università degli Studi di Milano Bicocca (edificio U6 aula 7) dalle 14.30 alle 17.30. Durante il pomeriggio interverranno Paolo Zocchi ("L'assistenza sanitaria a Milano tra otto e novecento"), Barbara Bracco ("Disabilità e Grande guerra, tra bisogni sociali e retorica") e Matteo Schianchi che, durante il suo intervento "Milano e disabilità tra fine Ottocento e i primi del Novecento", presenterà alcuni elementi del progetto di ricerca "Come si costruisce l'esclusione della disabilità. I disabili a Milano (1870-1915)" sostenuto da Fondazione Cariplo e realizzato da Ledha Milano, LEDHA e FISH. Il progetto si concretizzerà nella successiva pubblicazione di un volume.

“Quando oggi parliamo di disabilità, ci riferiamo a un mondo che ha cominciato a profilarsi con la Prima Guerra mondiale, con i militari feriti e mutilati di ritorno a casa - spiega Matteo Schianchi, storico e dottorando presso l'Ecole des Hautes Etude en Science Sociales di Parigi - Si tratta di un fenomeno che imprime nuove percezioni, capace di inglobare anche un'altra grande fucina di inabili, quella del sistema di fabbrica. Non è un caso se l'assicurazione generale obbligatoria per gli infortuni sul lavoro è sancita solo nel 1919, dopo decenni di dibattiti".

Ma quello che Schianchi vuole mettere in luce con il suo percorso di ricerca è il sedimentarsi di percezioni attorno alla disabilità tra fine Ottocento e inizio Novecento. "La Guerra produce dei cambiamenti significativi, per esempio costruisce un pudore e alcuni tabù morali attorno alla disabilità che prima non esistevano, ma nel contempo permangono percezioni che vengono da più lontano e visibili. Ad esempio negli oltre 100 romanzi e racconti che ho analizzato e in cui figurano individui infermi", spiega Schianchi. Analizzando quei racconti è possibile mettere in luce il disgusto, il classismo, la caritatevole condiscendenza verso questi individui. Sono temi che sembrano scomparire nella letteratura degli anni successivi, a seguito della requisizione del tema da parte della retorica fascista.

Il lavoro di Matteo Schianchi intende anche porre l'accento sul ritardo in quell'epoca delle organizzazioni sindacali e operaie nell'affrontare il tema dell'inabilità causata dal lavoro. L'uscita dal ciclo produttivo apre le porte a mondi che non siamo ancora in grado di ricostruire nel dettaglio, ma fatti certamente, in gran parte, di mendicità, caritatevoli assistenze, sostentamenti familiari.

Una ricerca storica accurata, una delle prime in Italia su questi temi, ma non si tratta di un puro esercizio di erudizione: "Studiare queste vicende è utile a capire come è cambiata la percezione della disabilità. Ma anche cosa ci portiamo ancora oggi dietro dal passato - spiega Schianchi -. Il senso comune si riproduce senza che ce ne rendiamo conto e senza sapere che anche noi ne siamo degli agenti. Per esempio quando usiamo categorie e concetti che ci sembrano "naturali" e invece non lo sono affatto. La storia è sempre una costruzione di meccanismi che dobbiamo cercare di capire meglio per comprendere fino a che punto ci siamo dentro, in forme mutevoli, o le loro evoluzioni".

 

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