Persone con grave disabilità e partecipazione al costo dei servizi
LEDHA invia un documento a tutti i sindaci dei comuni lombardi
Sara è una ragazza con disabilità: ha poco più che 20 anni e vive con la mamma, che ha un reddito di 500 euro al mese. Il suo comune le chiede 375 euro al mese per frequentare il Servizio Formativo all'Autonomia.
Carlo ha poco più di 40 anni: è un uomo con grave disabilità intellettiva che fino a poco tempo fa viveva con i genitori che sono scomparsi da poco. I parenti hanno identificato con il supporto dei servizi comunaii una Comunità alloggio dove si pensa possa vivere con soddisfazione. Al momento dell'inserimento viene stabilita una quota di partecipazione alla spesa che viene indirizzata e fatta sottoscrivere dai fratelli, in base ai loro redditi.
Maria ha 60 anni, e una grave disabilità che non le ha impedito di vivere per lungo tempo da sola. Ora la situazione si è aggravata e ha bisogno di assistenza continuativa. A causa dell'età non può più rivolgersi ai servizi per le persone con disabilità. Va quindi a vivere in una Residenza per anziani. Visto che ha un piccolo patrimonio personale il comune di residenza le impone di entrare privatamente, pagando per intero la retta. Si farà carico delle sue necessità solo quando sarà nullatenente.
Sono alcune situazioni che vengono segnalate alle associazioni e agli sportelli informativi pubblici e privati. Negli ultimi anni sono cresciute le richieste dei Comuni di partecipazione alla spesa dei servizi sociali e sociosanitari. Una situazione che coinvolge l'insieme della cittadinanza ma che sta avendo conseguenze gravi sulle famiglie delle persone con disabilità. Avere un figlio con disabilità adulto, che frequenta un servizio sociale o socio sanitario sta divenendo un fattore di impoverimento di molte famiglie. Molte Amministrazioni Comunali hanno infatti aumentato notevolmente le richieste di partecipazione alla spesa dei servizi utilizzando criteri assolutamente illegittimi oltre che discutibili dal punto di vista morale.
LEDHA, Lega per i diritti delle persone con disabilità, scrive ora a tutti i Sindaci della Lombardia per denunciare l'illegittimità di molte richieste economiche a carico dei familiari di persone con disabilità. I problemi maggiori sono dovuti a:
Mancata applicazione dello strumento ISEE
Sono ancora molte le Amministrazione Comunali che applicano criteri diversi dall'ISEE per determinare la partecipazione alla spesa dei servizi. Si tratta di uno strumento con il quale si è introdotto un sistema di misurazione della ricchezza equo. L'ISEE infatti nel valutare la ricchezza degli utenti prende in considerazione redditi e patrimonio e tiene conto della diversa composizione del nucleo familiare e delle sue peculiari caratteristiche.
Richiesta dei redditi di familiari non conviventi
Proprio la normativa ISEE stabilisce espressamente che "La valutazione della situazione economica del richiedente è determinata con riferimento alle informazioni relative al nucleo familiare di appartenenza" (famiglia anagrafica). In realtà sono diverse le segnalazioni in ordine a regolamenti comunali che includono tra i redditi patrimoniali da dichiarare anche quelli di parenti non conviventi con colui/colei che richiede il servizio.
Inclusione delle provvidenze economiche di tipo assistenziale tra i redditi da produrre
Molte amministrazioni comunali includono tra le entrate reddituali anche le provvidenze economiche di tipo assistenziale (pensione di inabilità, assegno di assistenza, indennità di frequenza, indennità di accompagnamento). Si tratta di una prassi assolutamente illegittima proprio alla luce della normativa Isee che parla di reddito complessivo ai fini IRPEF esoprattutto moralmente aberrante in quanto si considera reddito ciò che in realtà è un sussidio che lo Stato riconosce proprio in virtù della invalidità e delle difficoltà di integrazione e in virtù delle maggiori spese che le persone disabili sono costrette ad affrontare a causa della loro situazione di svantaggio.
Mancata applicazione del decreto legislativo 130/2000
Infine la grande parte delle Amministrazioni comunali non applicano il principio introdotto dall'art. 3 del Decreto Legislativo 130/2000 che ha modificato l'art. 3 del Decreto Legislativo 109/1998.
In base a questo principio, per le persone con handicap grave che accedono a prestazioni sociali nell'ambito di percorsi di natura sociosanitaria, si deve prendere in considerazione la situazione economica del solo assistito.
Data la vastità e complessità del territorio regionale è difficile avere una fotografia nitida della situazione. Quello che è certo è che a seconda del Comune di residenza i cittadini sono sottoposti a richieste economiche molto differenziate, pur facendo riferimento a servizi molto simili fra loro. Una situazione di discriminazione che LEDHA denuncia con forza, invitando le Amministrazioni Comunali a rivedere le proprie delibere e i propri regolamenti affinché siano rispettose della legge e dei diritti delle persone con disabilità.