Articolo tratto da Superando.it e a cura dell'Avvocato Francesco Trebeschi, esperto in diritto e disabilità, nonché Consulente dell'ANFFAS di Brescia
E ancora una volta viene confermata una tendenza già espressa in numerosi provvedimenti adottati in varie zone d'Italia: dalla posizione di familiare di una persona con grave disabilità inserita in una comunità alloggio, non deriva l'obbligo di provvedere al pagamento parziale o totale della retta. E sempre secondo i giudici bresciani un Comune è obbligato a fare la propria parte, indipendentemente dalle proprie disponibilità di bilancio.
Nell'accogliere il ricorso presentato contro un Comune della Provincia di Mantova dai fratelli di una persona con grave disabilità inserita in una comunità alloggio, il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) della Lombardia, Sezione di Brescia, ha confermato, con la recente Sentenza 1457/09, l'orientamento già espresso in precedenti provvedimenti (in particolare nell'Ordinanza 836/08), ribadendo che «dalla sola posizione di familiare tenuto agli alimenti non deriva l'obbligo di provvedere al pagamento parziale o totale delle rette o/e un diritto di rivalsa a favore dei comuni che abbiano già pagato.
In sostanza, i giudici bresciani valorizzano tanto la disposizione dell'articolo 2, comma 6 del Decreto Legislativo 109/98, la quale precisa che «le disposizioni sull'ISEE [Indicatore Situazione Economica Equivalente, N.d.R.] non attribuiscono agli enti erogatori la facoltà ex art. 438 co. 1 c.c. nemmeno nei confronti dei componenti il nucleo familiare dell'assistito», con la conseguenza che le norme della Legge 3 dicembre 1931, n. 1580, «sulla rivalsa per le spese di spedalità o manicomiali» devono quindi «intendersi come non applicabili», quanto il fatto che la stessa Legge 1580 del 1931 «risulta ora espressamente abrogata dall'art. 24 D.-L. 112/2008».
Significativamente, dunque, il TAR sottolinea che è «fuori luogo anche la prassi di far sottoscrivere ai familiari dell'assistito un impegno al pagamento dell'intera retta al momento dell'ammissione nelle residenze», indicazione che anche questa appare ormai consolidata: si vedano ad esempio, sempre da parte del TAR di Brescia, le Sentenze 728/08 e 1102/08, oltre alla già citata Ordinanza 836/08.
E ancora, viene ribadito che il «generico riferimento ai soggetti civilmente obbligati secondo le normative vigenti», contenuto nell'articolo 8, comma 1 della Legge Regionale Lombarda 3/08, «non è cogente e non ha inciso sulla disciplina della rivalsa». Come già affermato nell'Ordinanza 836/08, infatti, «questa appare l'unica interpretazione costituzionalmente orientata, in quanto diversamente la legge regionale avrebbe invaso la potestà legislativa statale sui rapporti di diritto privato».
Quest'ultima indicazione è particolarmente importante alla luce dei tentativi posti in essere da varie Regioni di reintrodurre, tramite apposite leggi regionali, la rivalsa nei confronti dei parenti, ciò che è escluso dalla normativa nazionale (oltre alla Lombardia, si veda ad esempio, in Toscana, la Legge Regionale 66/08).
Sempre sulla medesima linea già espressa, viene infine sottolineato che i Comuni non possono sottrarsi alla necessaria erogazione dei servizi sociosanitari a favore delle persone disabili (nel caso di specie si trattava, come accennato, di una comunità sociosanitaria), chiarendo che «non è sostenibile la tesi che l'integrazione comunale sia dovuta negli ordinari limiti delle disponibilità di bilancio. Infatti, se è pur vero che nell'art. 13 co. 1 lett. c) L.R. 3/2008 è contenuto un riferimento alle risorse disponibili, è altrettanto vero che l'art. 8 co. 1 della medesima legge regionale fa salva la disciplina dei livelli essenziali di assistenza rafforzando in questo modo l'obbligo di integrazione dei comuni per quanto riguarda la disabilità grave come nel caso di specie».