Due sentenze del Tar di Milano in materia di partecipazione al costo dei servizi hanno riconosciuto le ragioni delle persone con disabilità e dei loro familiari nei confronti del Comune di Milano.
Di Gaetano De Luca*
Due sentenze, due successi. In due distinti procedimenti il TAR Lombardia sezione di Milano (Tribunale Amministrativo Regionale) ha riconosciuto come valide le ragioni delle persone con disabilità e dei loro familiari nei confronti del Comune di Milano in materia di partecipazione al costo dei servizi sociali e socio-sanitari.
Si tratta delle sentenze 291 e 303 del 7 febbraio 2008 che vanno ad aggiungersi alle precedenti pronunce del Tar Catania e del Tar Marche confermando l'illegittimità delle condotte di molti enti locali nelle modalità di richieste economiche alle famiglie per l'accesso ai servizi rivolti alle persone con disabilità.
Due situazioni distinte entrambe relative a persone che vivono in servizi residenziali ed a cui il Comune di Milano, analogamente a quanto avviene per molte amministrazioni locali, chiedeva una forte partecipazione al costo dei servizi sia alla persona che al suo nucleo familiare d'origine. In un caso la richiesta superava i 1700 Euro mensili mentre nell'altro il Comune aveva stabilito di incassare l'intero importo della pensione di inabilità e dell'assegno di invalidità lasciando a disposizione della persona una modesta somma per le spese personali.
Due situazioni diverse fra loro ma per le quali il Tribunale ha ritenuto di dover riaffermare gli stessi principi.
1. Spetta al servizio sanitario nazionale ed al sistema della assistenza sociale, e non ai parenti, farsi carico dei bisogni socio-sanitari delle persone con disabilità. Viene ribadito così il cosiddetto principio della presa in carico pubblica degli interventi verso la persona con grave disabilità.
2. L'ente locale deve esplicitare i criteri con cui determina la compartecipazione al costo del servizio. Tali criteri devono essere conformi alla normativa nazionale Isee (decreto legislativo 109/1998 come modificato dal Decreto Legislativo 130/2000), che prevede tra l'altro il principio del riferimento alla situazione economica del singolo utente, laddove sia in situazione di gravità.
3. Gli enti gestori e gli enti locali non possono chiedere contributi direttamente ai familiari degli utenti. Obbligato al pagamento del contributo può essere considerato solo il beneficiario del servizio. Il riferimento ai cosiddetti "soggetti civilmente obbligati" utilizzato da molti enti locali non ha alcun fondamento giuridico.
4. L'ente locale nel valutare la situazione economica dell'utente non può prendere in considerazione le provvidenze economiche assistenziali (indennità di accompagnamento, indennità di frequenza, assegno di assistenza, pensione di inabilità).
Affermazioni importanti che confermano la legittimità delle tesi sostenute da diversi anni dal movimento delle associazioni delle persone con disabilità e dei loro familiari. Affermazioni che hanno posto le basi di questi ricorsi e che sono anche diventati l'oggetto di studio per un piccolo ma agguerrito gruppo di avvocati che si sono affiancati a LEDHA ed all'insieme delle associazioni nella tutela del diritto delle persone con disabilità di poter semplicemente "Pagare il giusto".
* Avvocato - Servizio legale LEDHA