Nel 2024 le prese in carico sono cresciute rispetto all’anno precedente, con numeri superiori alle attese delle associazioni che hanno dato vita al progetto. I risultati verranno presentati il 20 maggio durante il convegno “Nessuna esclusa”
Nella città di Milano e nei Comuni dell’hinterland interessati dal progetto “Artemisia”, il numero di donne con disabilità vittime di violenza che si sono rivolte a un centro antiviolenza (CAV) è aumentato del 43% tra il 2023 e il 2024. Si tratta di un dato nettamente superiore rispetto a quanto atteso dalle associazioni che hanno promosso il progetto, segno che sul territorio esiste un bisogno effettivo ed emergente, cui è stata data una prima risposta.
“Artemisia” (Attraverso Reti Territoriali Emersione di Situazioni di Violenza) è un progetto promosso da Fondazione Somaschi Onlus, Fondazione ASPHI Onlus, LEDHA - Lega per i diritti delle persone con disabilità, Ceas - Centro ambrosiano di solidarietà e Fondazione Centro per la famiglia Card. Carlo Maria Martini.
Tra il 2023 e il 2024, il progetto ha organizzato attività di formazione e sensibilizzazione rivolte sia alle Reti territoriali antiviolenza di Milano, Melzo, Rho, Rozzano, San Donato Milanese, Legnano e Cinisello Balsamo -per migliorare le loro competenze sui temi relativi alla disabilità- sia alle associazioni di persone con disabilità, per sensibilizzarle sulle questioni di genere.
Questa attività ha avuto un impatto immediato, come riscontrato già nel 2024 dalle associazioni che gestiscono i centri antiviolenza. Il numero di donne con disabilità vittime di violenza prese in carico dai CAV è passato dalle 41 del 2023 (su 691, pari al 5,9% del totale) alle 59 del 2024 (su 782, pari al 7,5% del totale). A queste vanno aggiunte altre 17 donne seguite dal Consultorio familiare della Fondazione Centro per la famiglia Card. Carlo Maria Martini.
“Quando abbiamo iniziato a lavorare a questo progetto eravamo consapevoli del fatto che la violenza ai danni delle ragazze e delle donne con disabilità è un fenomeno invisibilizzato. Da qui la necessità di farlo emergere”, commenta Laura Abet, avvocata e responsabile del Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi di LEDHA. “Questi numeri sono molto più alti di quanto ci aspettavamo: segno che il progetto risponde a un bisogno diffuso”.
L’aumento delle prese in carico delle donne con disabilità da parte dei centri antiviolenza è anche legato a un miglioramento dell’accessibilità di questi servizi. Troppo spesso, infatti, i CAV e le case rifugio presentano ostacoli che rendono difficile -se non impossibile- l’accesso alle donne con disabilità motoria. Per chi ha una disabilità cognitiva o sensoriale, invece, l’ostacolo principale è rappresentato dalla difficoltà ad accedere alle informazioni.
Per questo motivo, “Artemisia” ha redatto delle Linee di indirizzo rivolte alle associazioni e agli enti che gestiscono centri antiviolenza e case rifugio. Queste contengono informazioni utili a rendere accessibili e fruibili i servizi alle donne e ragazze con disabilità. Le linee d'indirizzo forniscono, ad esempio, indicazioni sugli accorgimenti da adottare per superare le barriere architettoniche e per garantire l’accesso alle informazioni, ai siti internet e ai canali di comunicazione tra le potenziali vittime e le operatrici del CAV. Ciò consente a chi ha una disabilità sensoriale o cognitiva di utilizzarli in autonomia.
Infine, all’interno delle Linee di indirizzo è stato inserito un questionario di autovalutazione, utilizzabile dalle operatrici dei singoli CAV per verificare l’accessibilità della struttura, registrando la presenza o meno di barriere architettoniche, segnaletica interna e bagni accessibili. Questo strumento rappresenta un punto di partenza per valutare gli interventi necessari per migliorare l’accessibilità.
Il progetto “Artemisia” e i risultati ottenuti nei due anni di attività saranno al centro del convegno “Nessuna esclusa”, in programma martedì 20 maggio a Palazzo Marino.