Oggetto del primo General comment del Comitato Onu pubblicato nel 2014 che fornisce utili indicazioni agli Stati per una sua corretta applicazione. L'analisi di Luisella Bosisio Fazio
L’articolo 12 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità è dedicato al principio di uguaglianza davanti alla legge di tutte le persone con disabilità.
A pochi anni dall'entrata in vigore della Convenzione, nel 2008, dall'esame dei primi rapporti governativi presentati dagli Stati, il Comitato delle Nazioni Unite sui diritti umani delle persone con disabilità aveva evidenziato come i contenuti dell'articolo 12 non fossero stati correttamente recepiti dagli Stati stessi. In particolare per quanto riguarda l'effettivo esercizio delle capacità giuridica e di agire delle persone con disabilità.
Il Comitato ha quindi ritenuto opportuno approfondire il principio di uguaglianza davanti alla legge delle persone con disabilità favorendo il confronto tra Stati parti, organizzazioni di persone con disabilità, organizzazioni non governative (Ong) e agenzie delle Nazioni Unite. Questo iter ha portato all'approvazione e alla pubblicazione, nel maggio 2014, del primo General comment al fine di fornire ulteriori elementi utili per una corretta interpretazione dell’articolo 12 della Convenzione Onu.
Allo stesso tempo, il Comitato aveva rilevato come i tradizionali modelli di sostegno nella capacità decisionale basati su una sostituzione della volontà della persona con disabilità, fossero in palese contrasto con quanto previsto della Convenzione e quindi da superare. Il General comment sottolinea come sia necessario prevedere strumenti che supportino la partecipazione autonoma ed eventualmente forme di sostegno che affianchino, ma non sostituiscono, le persone con disabilità nelle scelte da compiere, garantendo loro la libertà di scelta e autodeterminazione, in condizioni di parità con gli altri.
di Luisella Bosisio Fazzi, rappresentante
del Forum Italiano sulla disabilità presso l'European disability forum
Era il 2000 quando l’allora Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Mary Robinson (avvocata ed esponente politica, tra il 1990 e il 1997 prima presidente della Repubblica d’Irlanda) ha commissionato uno studio sulla dimensione dei diritti umani delle persone con disabilità. L’obiettivo era quello di chiarire le questioni concettuali e politiche, nonché conoscere l’esperienza degli organi internazionali e la loro capacità di promuovere, proteggere e monitorare i diritti umani delle persone con disabilità.
Lo studio venne curato da personalità di grande spessore come Gerard Quinn (prestigioso avvocato che oggi copre la carica di Relatore Speciale delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità) e Theresia Degener (giurista e professoressa di legge presso la Protestant Unifersity for Applied Sciences del Reno-Westfalia, in Germania). È stato pubblicato nel 2002 e ha fornito una chiara indicazione sull’uso dei meccanismi internazionali e nazionali dei diritti umani per difendere i diritti umani delle persone con disabilità.
Ho voluto iniziare questa mia analisi citando Mary Robinson perché è una sostenitrice appassionata del valore della dignità umana. Ed è da questa dignità che mi accingo a presentare la scheda dedicata al General comment numero uno del Comitato Onu sull’articolo 12 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (Crpd).
Nello studio voluto da Robinson e successivamente nella Convenzione si afferma che il problema principale nel campo della disabilità è l’invisibilità delle persone con disabilità e che la sfida principale per i diritti umani è accogliere la differenza della disabilità e rendere visibili le persone con disabilità all'interno dei sistemi internazionali e nazionali.
L’articolo 12 è il cuore di questa affermazione perché l'uguaglianza di fronte alla legge è un principio generale fondamentale della tutela dei diritti umani ed è indispensabile per il godimento e l'esercizio di tutti gli altri diritti fondamentali. La sua importanza è tale che il Comitato, nel produrre i suoi General comment, è partito proprio da questo articolo.
Se si esaminano le legislazioni nazionali e le pratiche adottate dai singoli Stati, si scopre che proprio alle persone con disabilità viene negata la capacità giuridica. E c’è un altro elemento: la necessità di una Convenzione internazionale sulle persone con disabilità è stata avvertita perché le convenzioni sui diritti umani già esistenti non erano inclusive della disabilità e non potevano quindi fornire la giustificazione necessaria a contestare le leggi nazionali escludenti.
Dall'esame dei documenti preparatori emerge come l'adozione del paradigma della capacità giuridica universale veniva messa in discussione perché si temeva che non rispondesse adeguatamente alle difficoltà delle persone con elevate esigenze di sostegno. È a causa di questo timore che il paragrafo (3) della Crpd ha imposto agli Stati parte l'obbligo di fornire assistenza e il paragrafo (4) è stato redatto in modo da includere una serie di salvaguardie contro l'abuso di assistenza.
Le persone con elevate esigenze di sostegno avrebbero potuto essere un gruppo di persone a cui sarebbe negata la piena personalità e la capacità giuridica, se l'articolo 12 non avesse previsto una disposizione di sostegno.
Quindi, la lettura combinata della definizione di disabilità e del dovere di fornire sostegno porta alla conclusione che l'articolo 12 è stato formulato per includere nella sua sfera di applicazione tutte le persone con disabilità. Questo sostegno può essere costituito da assistenti personali o da persone alla pari o anche solo da una dichiarazione scritta delle preferenze della persona con disabilità.
Ciò che la Convenzione richiede è che il sostegno sia basato sulla fiducia, sia fornito con rispetto e non vada contro la volontà della persona con disabilità.
Ma allora gli Stati, possono formulare e mantenere legislazioni non in linea con l’articolo 12 della Convenzione Onu? L'uguaglianza e la non discriminazione, insieme al rispetto della dignità, dell'autonomia individuale e della libertà di compiere le proprie scelte sono stati riconosciuti come principi generali della Convenzione Onu. Principi che rendono esplicito l'oggetto e lo scopo della Convenzione e dai quali non è possibile derogare. Quindi la formulazione di nuove legislazioni o il mantenimento di quelle esistenti non in linea con l'articolo 12 sono contrarie a ciascuno di questi principi e quindi non sono consentite.
Il principio di universalità dei diritti umani ci ricorda che i diritti valgono per ciascuno e per tutti; quando questo non accade siamo davanti a dei privilegi.
Inoltre, secondo i principi di interdipendenza tutti i diritti devono essere seriamente e simultaneamente presi in esame, tutelati e promossi senza alcuna gerarchia. Per quanto riguarda l’articolo 12 della Convenzione, se in una legislazione nazionale o in una pratica adottata viene inserita una negazione o una limitazione della capacità giuridica per le persone con disabilità incluse nella disposizione, la negazione o limitazione non sarà circoscritta al solo articolo 12, ma si estenderà anche agli altri diritti garantiti dalla Crpd. Che si tratti del diritto all'istruzione o di quello al lavoro o della libertà di parola e di espressione o della partecipazione politica.
Una tale conseguenza sarebbe distruttiva sia della lettera che dello spirito della Convenzione Onui sui diritti delle persone con disabilità e quindi inimmaginabile portata.