Il saggio di Mario Paolini mette al centro insegnanti di sostegno vuole fare luce su "responsabilitą e passioni" di queste figure professionali. Con qualche elemento di scomoditą
Ci sono tanti e diversi buoni motivi per parlare oggi del ruolo e della funzione degli insegnati di sostegno nella scuola italiana. Si tratta, di fatto, del pilastro che sorregge l’esperienza, tutta italiana, dell’inclusione dei bambini e ragazzi con disabilità nella scuola italiana. Una professione di successo, almeno dal punto di vista quantitativo, dato che i numeri crescono di anno in anno. Una professione che non gode però di una particolare considerazione sociale e di cui è facile parlare dei problemi piuttosto che dei meriti.
Il saggio “Abitare le differenze” di Mario Paolini prova a invertire questa tendenza cercando di fare luce su “responsabilità e passioni del fare sostegno”.
Si tratta di un libro, agile e di facile lettura, che mette al centro le principali questioni che un insegnante di sostegno deve affrontare nel corso del suo lavoro: l’accoglienza l’identità, il significato dell’inclusione, il tempo dell’ascolto, la visione della relazione di aiuto, l’autodeterminazione, l’affettività e la sessualità e in generale il senso del lavoro educativo.
Non si tratta di un manuale né di un foglietto di istruzioni o di un semplice mansionario. Agli insegnanti, di sostegno e non, così come a tutte le persone che hanno a cuore l’inclusione scolastica viene offerta una opportunità di analisi, studio e riflessione su come gli insegnati di sostegno possano interpretare il loro impegno e il loro lavoro.
Una visione che non nasconde certo le difficoltà, quelle note come quelle meno note. Una proposta che offre anche la possibilità di pensare e vivere il sostegno all’inclusione scolastica come ad una bella opportunità e ad una grande sfida.
“L’obiettivo principale di questo scritto è di fornire ai lettori qualche elemento di 'scomodità' per riflettere: piccoli input per imparare ad amare una professione complessa e a volte difficile ma allo stesso tempo profondamente restitutiva; per guardarsi intorno e trovare un proprio modo per entrare con curiosità e disponibilità nell’incontro con l’inatteso, nella relazione tra differenti: senza pietismo e senza certezze, condividendo le cose che funzionano oltre a quelle che non vanno bene, i successi prima e più degli insuccessi".
Giovanni Merlo, direttore LEDHA-Lega per i diritti delle persone con disabilità